Imbocco di nuovo l’autostrada con la mia bella macchinetta a scoppio, bum! Dopo chilometri di silenzio…
Come ti chiami? Provo a domandare al bamboccione con la bacchetta da rabdomante in mano. Quello mi dice
Il mio nome è Melampo di fu Mario e Settembrini Antonietta detta Tonia e sto cercando il tempo che qualcuno mi ha rubato.
Melampo è un ragazzotto sulla trentina, occhi vivaci e capelli un po’ ribelli; è alto, magro e con un filo di barba sulla faccia; indossa un paio di jeans, una maglietta e si capisce dall’espressione corrucciata che oggi ha fatto un’alzataccia.
Che mi stai contando? Domando. Com’è possibile che ti abbiano rubato il tempo?
Quello si volta lentamente, mi punta gli occhi in faccia pieni di commiserazione, poi, in silenzio, torna a rimirar la strada che, come un’idrovora, ci divora. Ed io rimango come un idiota ad aspettare. Ma nel mezzo del cammin di nostra vita vengo tirato per il naso da… un pungente profumo di salamelle.
Da dove arriverà? Tosto mi domando.
Volto la testa di qua e di là come una girandola spinta da un discreto vento. Ma non vedo niente. Per un po’, come un cretino, cerco di resistere al richiamo di quel delizioso profumino: guardo i prati in fiore che sono fuori, dell’umanità penso ai gloriosi albori, arrivo persino a ripercorrere i miei perduti amori ma come un balcone m’accorgo d’essere completamente fuori. Allora d’istinto canto una canzone e rifletto
Perché non sono rimasto nella mia piccola magione?
Ma non c’è niente da fare. Quel profumo mi rapisce tutta l’attenzione. E come un pesce che all’amo ha abboccato fuori dall’autostrada per il naso vengo tirato. Da automobilista rispettoso e diligente qual io sono pago il pedaggio e, già pregustando il succulento assaggio, m’immetto in una statale che s’inoltra, dritta dritta, nel pieno del mese di maggio. Continuo a solcare la pianura finchè vedo un campanile alto e snello.
Toh! Sono a Brescello.
Almeno così recita quel cartello. Sulla piazza c’è una sagra di paese e la gente pascola alla ricerca di una qualunque cosa. L’accompagna il suono di una banda che mi fa tanta simpatia, una banda scalcinata e rumorosa. Subito individuo il banco delle salamelle. Inchiodo. Apro la portiera. Scendo. Controllo la mia dentiera. Dico alla mia bella macchinetta d’aspettarmi e al bamboccione di farle compagnia. Ma quello, tanto per cambiare, nemmeno mi risponde e rimane seduto, imprigionato nei suoi pensieri.
Che m’importa? Dico.
Non ci sto tanto su a pensare. Corro verso il banco delle salamelle e
Una ben cotta, per favore! Urlo alla grassona che sta lì a servire con le tette da matrona.
Me l’infila in un panino ed io subito l’addento. Ma…
Attento, attento! Dall’alto sento urlare.
Chi è stato?
Alzo lo sguardo e vedo, legato ad una fune, una figura che penzola da una gru proprio al centro della piazza. Ha la barba, i capelli lunghi ed anche una certa età.
Ma guarda tu!
Quell’essere assai strano è vestito con una tunica d’un frate ma di un colore rosa che non si può neppur guardar e ai piedi porta scarpe rotte, eppur bisogna andar. Le gambette sono storte, secche secche e assai pelose. Ma la cosa più singolare è che sulle spalle c’ha legate con lo spago delle grosse ali posticce, forse sono di cera ma in questo momento non ho ne il tempo e tanto meno la voglia d’approfondire.
È un Angelo? Mi domando.
In fondo seppur tutto scalcinato quell’essere appeso alla fune sulle spalle c’ha le ali!
Macchè! No, no. Che dico? Dev’essere solo un guitto, uno scombinato mattacchione, un saltimbanco, un gran buffone. Insomma un pagliaccio da quattro soldi che per sbarcare il lunario si esibisce in questa fiera di paese. E poi…
Attento a che? Gli domando da lontano con le mani messe a megafono.
Attento che ti strozziii! Quello mi risponde.
E subito mi porto le mani sui coglioni.
Maledetto menagramo! Gli urlo dietro.
Ma intanto il boccone m’è andato di traverso. Lo sputo e, tutto incazzato
Scendi giù, se hai il coraggio, che ti insegno io l’educazione. Urlo.
Allora il buffone appeso come un salame ad una fune comincia a sbattere le ali e lemme lemme si posa sul piancito.
Ma allora voli! Esclamo.
E lui con una faccia tosta che non si può guardare
Faccio finta. Mi risponde.
Ma come? T’ho visto.
E la fune? Mi ribatte.
Già, me n’ero dimenticato.
E taccio perché capisco che ci sono cascato.
E allora, l’educazione? Mi domanda con gli occhi torvi in segno di sfida quel buffone.
Scherzavo. M’affretto a dire lasciando strada come al solito alla mia indole vigliacca.
E sfodero un sorriso da cretino.
Ah, credevo che eri in cerca della rissa, allora offrimi una salamella. Ribatte l’Angelo.
Faccio un segno alla grassona con le tette da matrona ed ecco che lesto arriva un panino sgocciolante con dentro una salamella unta e croccante. L’Angelo subito l’addenta e lo butta giù in un baleno.
La fame di noi coloni! Esclamo sottovoce.
Che hai detto?
Niente, niente, lascia stare, questa è un’altra storia, anzi è uno spettacolo teatrale.
Intanto lui con la manica della tunichetta rosa che non si può guardare si pulisce la bocca piena di unto.
Che maleducato! Avrebbe bisogno veramente d’una lezione di buona educazione. Penso ma mi guardo bene dal dirlo. Invece
Come ti chiami? Gli domando.
Sono Carletto, e faccio l’angioletto.
Che fai?
Sei sordo? Faccio l’Angelo.
E poi?
Come e poi? Che vuoi che faccia un angelo?
Non lo so, che fa?
Annunciaziòne, annunciaziòne! Non guardi mai la televisione?
No.
Insomma, come già ho fatto una volta con Maria, annuncio a tutti l’avvento di un mondo nuovo e cerco di redimere le menti degli uomini ignoranti. Oggi, come un tempo, c’è bisogno di capire. Insomma vado in giro per il mondo facendo il vagabondo e rinnegando il mio tedesco nascimento, ya!
Ma se sei solo un saltimbanco!
E che vuol dire? Pensa per te, guardati in faccia, tu ormai sei solo un uomo stanco. Tu sei il Profeta del Fallimento.
Rimango alquanto sconcertato, ci penso su e poi
Come l’avrà capito? Dico tra me e me.
Ma subito abbandono quella pericolosa riflessione.
Però, è intelligente quel gran buffone! Mi sorprendo a pensare.
E che ci fai appeso ad una gru in mezzo alla piazza di questo paese? Torno a domandare.
Dall’alto della mia grande statura intellettuale predico alle genti. Mi risponde l’Angelo.
E che, sei Dio? Gli ribatto.
Il Signore onnipotente me ne guardi! No. Sono solo un dispensatore di parole mica uno spacciatore d’oppio per la prole!
Ma, dimmi, qualcuno ti sta ad ascoltare?
Caro mio ti pare facile, questi son tempi duri! Non è come una volta, adesso nessuno più ne vuol sapere.
Dipende da cosa gli racconti. Commento.
Già, hai ragione ma lasciamo stare, ne parliamo un’altra volta. Mi risponde amareggiato.
Fai come ti pare, adesso, però, io devo assolutamente andare. Gli dico.
Dove?
Al mare.
A che fare?
A mostrar le chiappe chiare.
Portami con te.
E perché?
E perché no?
Hai ragione. Allora vieni, mi farai un po’ di compagnia. Sulla mia due cavalli dagli occhi belli c’è posto anche per te. Vorrà dire che mi farai da angelo custode. In questo momento ce n’ho davvero un gran bisogno.
E con quella strampalata compagnia mi avvicino alla mia bella macchinetta che è felice di rivedermi e mi sorride aprendo la griglia del radiatore. Ritrovo anche Melampo che, silenzioso, rincorre sempre i suoi pensieri.
Entra, su. Dico all’Angelo. Mettiti di dietro.
Ma non c’entro!
Si che c’entri, forza non protestare.
Ci mette un po’ perché le ali, seppur tutte ripiegate, sono ingombranti e faticano ad entrare ma alla fine e dopo vari tentativi ci riesce. Allora rimetto in moto e m’incammino verso l’ignoto.