Mi volto di scatto e faccio un salto ma… sono costretto a guardare in alto.
Adesso mi vuoi dire che conosci anche la lingua delle ranocchie?
Subito domando al mio angelo custode che intanto s’era arrampicato su una scala e, lì a mezz’aria, sbatteva lentamente le ali fingendo di volare mentre cercava, fischiettando, d’assumere un atteggiamento indifferente. Il cane bastardo tutto spelacchiato invece s’era messo ad abbaiare, saltellava intorno al piccolo animale e cercava d’azzannarlo. Allora, con calma ma con determinazione, chiedo a Betta la sua zappetta e comincio a batterlo forte sul groppone. E gli urlo
Vattene imbucato, qui finisce la tua funzione! Quel che dovevi fare l’hai già fatto, Melampo se n’è andato e nella storia, per mia fortuna, tu non sei più contemplato.
Ma perché? Risponde, piegato.
Ma io, senza dargli alcuna spiegazione
Fila via. Gli dico. Sciò, sciò, alè! Nun te voglio più vedè. Recuperando parzialmente e con un po’ di nostalgia il mio lessico romanesco. Quello, allora, con le orecchie basse, appende la sua schiscetta ad un bastone e, mogio mogio, portando in spalla il suo fardello s’incammina, ma che lo dico a fa?, verso Brescello.
Sarà contenta la mia due cavalli! Esclamo. Lei è cosi attenta alla pulizia! Allora? Torno a domandare.
Allora che? Mi risponde l’angelo custode che faceva finta di volare.
Non fare il furbo, farabutto, t’ho chiesto se conosci anche la lingua delle ranocchie.
Devi sapere che…
Forza non farla lunga!
Ma…
La conosci o no?
Sss… si.
Quello mi dice con estrema titubanza come se fosse preso da un attacco inspiegabile di vergogna.
Ma che dici, saltimbanco? E dove l’hai imparata?
Nei grandi stagni dell’ignoranza dove noi sguazziamo con incosciente noncuranza.
Dooove?
Che, non hai sentito?
Tu mi prendi per il culo, farloccone! Che ti sei inventato? Quanta pazienza!
La volete smettere voi due? Dice la ranocchia parlando con la voce del ventriloquo. E basta di litigare.
Ma guarda se anche una ranocchia, verde e saltellante, che sguazza in un fiumicello di lacrime versate al centro di Bologna, di fronte al Teatro Comunale, mi deve intimare di tacere, penso. Ma subito
Vi pare questa la cosa più importante quando qualcuno, ancora rimasto ignoto, la vita m’ha rubata? Protesta Betta ormai tutta bagnata.
Allora di fronte a questa sensata argomentazione sono costretto a tralasciare e
Scusa, hai ragione. Dico a Betta riconsegnandole la zappetta.
Finalmente! Esclama la ranocchia. Quando…
Ma tu guarda che bel quadretto!
Sento dire ad uno studentello brufoloso e schietto che passa sotto i portici di Piazza Verdi.
Hai qualcosa da dire?
Gli urla, minacciosa, da lontano la ranocchia quasi fosse un bullo di periferia.
Ma s’è vista? Penso.
Non riceve alcun cenno di risposta. Lo studentello se n’è già andato.
E allora? Rispondi, perché non ti sei ribellata? Torna alla carica la ranocchia.
Betta se la guarda, guarda me e l’angelo furfante come a chiedere una qualche indicazione e, titubante, risponde Non ho capito la domanda.
C’avrei scommesso! Commenta l’angelo custode. Con quei maestri che ti sei ritrovata!
E la ranocchia cocciuta come un mulo ancora insiste a voce alta
Perché, dimmi, non ti sei ribellata?
Ribellata? Che vuol dire? Risponde Betta, ancor di più interdetta.
Io allora mi metto le mani nei capelli, provo ad immaginare un lanciatore di coltelli, vedo un negozio dove una signora si prova dei cappelli, della mia visione iniziale ripenso agli occhi belli mentre, con i libri sotto il braccio passano in Piazza Verdi numerosi studentelli e, con gran sconcerto ma con un po’ d’invidia, dico
Guarda, che nostalgia mi fanno quegli sbarbatelli!
Insomma mi mancano le parole di fronte alla spiazzante ingenuità di quella ragazzotta che piange appoggiata ad un portone mentre, po, po, po, suona il solito trombone che adesso però, lo devo dire, mi ha proprio rotto i coglioni.
Allora?
Come un martello torna a domandare a Betta l’anfibio animale.
E smettila! Come poteva fare? Interviene dall’alto della scala Carletto. È una studentella ingenua e anche un tantino ignorantella mica un proletario minatore! Come puoi pretendere che uno studente piccolo borghese possa ribellarsi al capitale? Eddai! Dove s’è visto mai? E poi… non hai sentito? Cosa ha detto quella là? Le hanno rubato la vita? È scema? Ma che vuol dire? Non ha senso, la vera questione è il furto del plusvalore!
Io lo guardo sconcertato e
Ma che sproloquia questo qua? Penso. Da dove è uscito?
Poi tralascio perché il tempo per queste discussioni ormai è passato e non ho voglia di sprecare il mio in archeologiche disquisizioni. Poi, come colto da un’illuminazione, ad un tratto dico
Facciamo un girotondo.
Un girotondo? Adesso? Ti pare il caso? Mi risponde Betta che continua a lacrimare.
Certo, stai a vedere.
Perche?
Lascia stare le ragioni e prendiamoci per mano.
Allora, non senza un po’ di riluttanza, il mio angelo custode scende dalla scala e mi dà la mano. Betta, che ancora non ha capito niente, non protesta e chiude il cerchio ma senza alcuna convinzione. In mezzo mettiamo la ranocchia che ci guarda con occhi pieni d’aspettativa. Allora dico a Betta
Che vuoi sapere?
Che vuol dire? Mi risponde domandando.
Vuol dire che puoi esprimere qualsiasi desiderio di conoscenza.
Ah, si? Posso chiedere qualsiasi cosa?
Eccerto, altrimenti che stiamo a fare?
Vorrei… vorrei… vorrei sapere chi… harubatolamiavita.
Vediamo. Giro giro tondo… Che ci faccio in questo mondo? Ci faccio quel che posso, col mio groppone addosso.
E cominciamo a girare in tondo. E Betta
Quando non ne posso più, piglio le gambe e mi butto giù.
E l’angelo custode
Bella fanciulla non lasciarti andare, smetti di piangere e, a testa alta, continua a cercare.
E la ranocchia
Cerca, cerca ragazza ormai dispersa, ma sappi che la riposta la troverai in faccia al mare!
Però! Esclama allora la fanciulla dopo averci pensato un pò.
È sorpresa.
Forse ha ragione la ranocchia. Pensa.
Dai, continuiamo. Dico. Che altro vuoi sapere? Domando ancora a Betta.
Vorrei conoscere quello che il futuro mi riserva.
Vediamo. Giro giro tondo… Ricomincio. Che ci faccio in questo mondo? Ci faccio un pensierino, poi comincio il mio cammino.
E Betta
Un cammino che non conosco e ho paura di perdermi nel bosco.
L’Angelo…
Il bosco è scuro e tenebroso, ma una luce s’irradia dal terreno erboso.
È una lanterna luminosa e schietta che illumina la notte, costruisciti insieme ad altri la vita che di spetta. Conclude la ranocchia.
Ha ragione! Esclama Betta facendo un salto ormai convinta. Funziona! Non credevo.
Che cosa? Le domando.
Il giro girotondo.
Certo, dico facendo un po’ il saccente, altrimenti che l’abbiamo fatto a fare? Devi sapere che la conoscenza non è mai un fatto individuale bensì un girotondo in compagnia. Tenendosi l’un l’altro per la mano si ottengono risposte che altrimenti rimarrebbero nascoste. E adesso? Le chiedo.
Ho deciso: finito qui, se non trovo la mia vita, vado al mare.
Anche tu? Le domanda l’angelo custode.
E perché no? Non hai sentito la ranocchia? Gli risponde Betta. Non ho altra possibilità che seguire il fiume del mio pianto.
Già.
Io, però, mi guardo bene d’offrirle un passaggio. La mia due cavalli è già tanto delicata che non vorrei, con tutta quell’umidità, si prendesse un raffreddore. A quel punto la ranocchia, senza nemmeno salutare, si getta nel fiumicello di lacrime salate e se ne va incontro al destino che sarà. L’angelo custode, che è un intellettuale, rimane a riflettere su quello che è capitato ed io, dopo avergli fatto un cenno con la testa, sono preso da una gran voglia di ripartire. Lascio la ragazza con la zappa a piangere sulla piazza quando… passa una lepre pazza e due zingari felici che, tenendosi per mano, si mangiano un pezzo di pizza. Allora torno alla mia due cavalli e, visto che pianto chiama pianto, la ritrovo con i fanali lacrimanti e un’espressione amareggiata.
Cos’è successo? Le domando.
Lei, muovendo i tergicristalli, mi mostra una multa che un vigile solerte mi ha lasciato in dono per festeggiare il mio ritorno.
Fa niente, la consolo. Tanto non la pago.
Bravo! Mi dice l’Angelo, rosso come un tuorlo d’uovo per la fatica d’entrare nella mia bella ma minuscola macchinetta.