E di nuovo mi ritrovo catapultato, chissà perché, in un altro tempo. Ecco allora che, come per miracolo, siamo al lido di Volano. La vecchia megera, in mezzo a continue lamentele che ormai mi hanno stancato da un bel pezzo, mi mostra il mio sontuoso appartamento: una baracca di legno sgangherata piantata sulla spiaggia che, del mare, aveva una meravigliosa vista. Quattro assi in croce e dentro un letto ad una sola piazza. E nemmeno una finestra.
Dov’è il cesso?
Le chiedo, sospettoso.
E se mi scappa?
Vai dietro a quella frasca.
Lei mi risponde con malcelata soddisfazione. Si vede lontano un miglio che è ben felice della mia disagiata sistemazione. Ed io sopporto. Loro avrebbero dormito nella casa al mare sempre fatta di quel nobile materiale. Al momento m’accontento anche se in seguito scoprirò che la mia magnifica magione è il punto di ritrovo delle zanzare di tutto il litorale. Ma dico io, in tutto quel vasto territorio che si confonde tra terra e mare proprio il quella catapecchia si dovevano dare convegno le zanzare? Non potevano trovare un altro posto un pò più ameno dove andare? Col passare dei giorni, però, dopo un lungo parlamentare ed un’estenuante trattativa, stringo un’alleanza: se si astengono dal pungermi io mi asterrò, per contrappasso, da schiacciarle col guanciale. Dopo essermi alla meglio sistemato comincio a parlare col nostro candidato.
Dobbiamo organizzare una serie di comizi in giro pei paesi. Gli dico.
E dai, invece, che mi racconta delle sue gloriose gesta. Io le ascolto perché… altro non mi resta. Ma penso
Quel tempo ormai è passato, perché mi ammorba con quegli avvenimenti di cui ormai nessuno si ricorda?
Ad un certo punto poi, chissà per quale ragione, mi racconta di sua madre.
No, ti prego candidato, risparmiami l’Edipo, abbiamo altro a cui pensare.
Ma… non c’è niente da fare. Allora mi predispongo, e a malincuore, all’ennesima storiella. Ad un certo punto, però, la storia che racconta mi prende e m’appassiona e ascolto quello che ha da dire il vecchio partigiano.
Mia madre, racconta, era una popolana.
Che altro poteva essere? Commento contrappuntando.
Viveva a Goro dopo che la guerra precedente le aveva portato via il marito sulle trincee.
Mi dispiace.
Per campare pescava le anguille di straforo nelle valli.
Faceva bene.
E aveva una mula con la quale trasportava la legna, anch’essa rubacchiata, per il camino.
Il freddo è una brutta bestia, era costretta.
Ma era uno spirito libero e ribelle.
Per fortuna.
Il Regime lei non lo sopportava.
Brava!
I fascisti, diceva, erano stupidi e prepotenti ed erano al servizio dei padroni.
Aveva ragione.
La vuoi smettere di commentare le mie parole? Mi rimprovera il candidato e continua
Allora, quando più non li reggeva, dipingeva con la vernice rossa la sua mula e la faceva camminare per la strada principale del paese.
A questo punto io sono costretto a tacere.
Al collo le metteva un grande fiocco nero perché l’aveva visto ad un anarchico di passaggio con cui era entrata in simpatia. Ma ogni volta il federale la faceva incarcerare e veniva rinchiusa nelle prigioni di Codigoro. Ci restava poco e presto la lasciavano andare perché, in fondo, era una donnetta inoffensiva. Che male poteva fare? Ma non faceva tempo a tornare al suo paese che riprendeva la mula, una bella pitturata e via per il paese a fare una passeggiata. La mula, così conciata, eccome se si dava delle arie! Era orgogliosa non tanto del suo colore artificiale quanto del grande fiocco nero che portava al collo.
Insomma, com’è come non è, mi dice il candidato che sua madre ha passato tutto il ventennio facendo la spola tra Goro e Codigoro con trasporto, vitto e alloggio a carico del Regime, alè!
Però! Esclamo. Non è brutta la storiella. Ma adesso veniamo al dunque che c’è da fare!