LA VOLPE E L’UVA
“Tanto non è matura! E allora teniamoci quello che passa il convento.” Questo è quello che gridano al vento i nostri “sinistri” pensando che così facendo, col loro fiato d’aglio o di cipolla fate voi, si gonfiano le nostre vele verso una meravigliosa e progressiva sorte. Ma sanno che l’uva è buona, dolce e saporita? Sanno che ognuno di quegli acini contiene un nettare del Paradiso che può regalare un attimo di felicità al nostro povero palato ormai assuefatto ai sapori del Grande Supermercato? Se l’uva non è matura, di certo (o probabilmente, perché il dubbio è di dovere) lo sarà! E allora perché rinunciare anche all’acquolina in bocca?
E se qualcuno (mettiamo caso il sig. Tronti), organico ad un partito davvero insospettabile d’avere grilli per la testa, strombazza che “… la sinistra dovrebbe coltivare qualcosa che va al di là del presente, ricostruire una narrazione, ma io preferisco dire visione, di quel che può esistere dopo la forma sociale e politica del mondo che abbiamo” che gli diciamo? Che è uscito di capoccia? Che si deve far ricoverare? E a quell’aspirante sindaco di Genova (Ricordate? Quello col naso storto, quello che era anche un poeta sopraffino) che gli abbiamo detto quando s’era permesso d’affermare, citando Walter Benjamin, che l’unica soluzione per ripartire era l’odio di classe e che bisognava ripristinare la pratica dell’insulto per riaffermare la verità di fronte alla mistificazione dilagante? Estremista! Ecco cosa gli abbiamo detto. Si, intellettuale avanguardista, novello brigatista! Invece noi, facendo un bel coretto con Landini e Rodotà (ullallà!), noi che non abbiamo perso ancora il lume della ragione, noi che ci piace la politica “politicata” e meno gli intellettuali piccolo borghesi che gridiamo? Viva, viva la Santa Costituzione! E magari ce la pigliamo (perché è fuori dalla Legge) anche con qualcuno che ha avuto l’ardire, io direi il coraggio, d’affermare che nella lotta (mettiamo, ma così per caso, in Val di Susa) è “legittimo” anche il sabotaggio.
“La cosiddetta sinistra dei diritti, maggioritaria oggi. Quella che si limita a difendere un certo elenco di diritti civili, presentandoli come valori generali. Finisce per essere un intellettualismo di massa, un consolatorio scambio al ribasso. Basta qualche battaglia contro l’immoralità e ti senti a posto dentro questa società”. Ma che fa? Insiste ancora quel signore fuori di capoccia? Ma pensa tu! E se questo signore assai poco coerente, invece, avesse ragione? E se i nostri “sinistri” della Santa Costituzione avessero torto marcio? È un’ipotesi, non vi pare? Ma è il minimo sindacale! Qualcuno mi potrebbe urlare dietro. Certo. Appunto è proprio il minimo sindacale. È indiscutibile che è meglio una società d’onesti, chi lo nega?, che una congrega di farabutti e di ladroni! Ma che abbiamo risolto? In quella società al massimo ci sarà un padrone onesto, un operaio onesto, un precario onesto e perfino un parlamentare onesto… e allora? Dove sta il cambiamento? Il problema non è nell’aggettivo bensì nel sostantivo. C’è qualcuno (che non a caso prima faceva il gran buffone) che questo mestiere lo sa fare bene e non fa altro che dindondare di qua e di là da tutti i campanili del paese. E si piglia una svalangata di voti perché parla alla pancia della gente (ed è pericoloso perché per questo qualcuno tutti sono uguali, non c’è la parte, c’è solo l’astrazione dalla propria condizione). E che dire di quel giornale di pettegolezzi politici che su questo s’è costruito il suo successo? Allora lasciamo ad altri questi argomenti e torniamo ad essere realisti: pretendiamo l’impossibile! E torniamo a parlare alle menti della “nostra” gente (notare l’aggettivo perché la società non è una marmellata indistinta di persone senza arte e, tanto meno, senza parte) lasciando alla pancia in compito per cui è nata: quello di digerire e poi cagare.
Non può essere che questa la piattaforma per ricostruire una sinistra. Cos’è che muove la coscienze della gente? Io mi chiedo. La realtà o il sogno? Io non ho dubbi. Avete visto il nuovo corso della Chiesa? Per superare la sua crisi sta ridisegnando la propria idea di società, più giusta, più solidale e con annessa pomposa liturgia. Perché non impariamo da loro? Diventiamo tutti Papa Boys! Ma il crollo d’un muro ha seppellito tutti i nostri sogni. Qualcuno mi può obiettare. È vero. Meglio, vuol dire che quei sogni erano soltanto incubi. Ma quando andiamo a dormire noi, inevitabilmente, continuiamo a sognare. E allora via! Insistiamo. Riproviamo. Sperimentiamo. Lottiamo. Non sappiamo da dove partire? Ma che dite? Ce ne siamo dimenticati? Ne abbiamo di cose. Partiamo dalla critica radicale del presente, come qualcuno c’ha insegnato qualche secolo fa e anche dalle sconfitte del secolo breve. E come lo chiamiamo questo sogno? Come vi pare. Che importanza ha? Se il suo nome non ci piace più perché ha perso chiamiamolo pure Giuseppe tanto è la stessa cosa. Ma non diciamo che l’uva non è matura e quindi c’accontentiamo di quel che c’è.
Ma ho paura che non ci capiamo. Ho paura che i nostri tempi siano differenti e differenti siano anche gli orizzonti. C’è chi pensa all’oggi e chi al domani. Io ritengo, però, che solo il domani dia senso all’oggi. Altrimenti mettiamo in conto solo un’aggiustat(ina), un lifting, una liposuzione, una ripulit(ina). Di conseguenza anche i linguaggi s’aprono in una forbice d’incomunicabilità perché non partono dallo stesso vocabolario. È per questo che, forse, il linguaggio oggi più consono diventa quello della letteratura (per non dire della poesia) perché lui solo è in grado di dar corpo al sogno.
Adesso, allora, tanto per concludere vi sparo la mia morale: io il 12 di ottobre non andrò a Roma ma rimarrò a dormire. Hai visto mai che riuscirò a sognare? Al massimo, se qualcuno me lo chiede ma non credo perché io sono solamente un piccolo e umile untorello, metterò una firma su una petizione perché, appunto, non mi voglio sottrarre (Dio me ne guardi!) al minimo sindacale.
Marco Bocciarelli