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Date(s) - 01/06/2013
18:30 - 19:30
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NON LO NASCONDIAMO: E’ UNO DEI GIOVANI AUTORI CHE CONSIGLIAMO DI PIU’!
A venti chilometri in automobile dal lavoro e dal supermercato, come accade ai bordi di ogni metropoli, la città continua e diventa un altro luogo: Cortesforza.
Qui si vive un esodo eterno, e la giornata è ridotta a tragitti in tangenziale verso casa. Il lavoro non si vede piú, è dappertutto, ha invaso i comportamenti quotidiani, affettivi. Per dare un senso alle proprie esistenze, gli abitanti di Cortesforza accendono un mutuo, traslocano in una zona nuova o «mettono in cantiere un figlio». Ogni volta, però, lo svelarsi improvviso di una seppur piccola possibilità provoca una sconfitta irreversibile.
Nel suo secondo libro, L’ubicazione del bene, Giorgio Falco racconta le storie della classe media smarrita nelle periferie delle grandi città del Nord per rivelarne i mali e il senso, diffuso, di disfatta.
L’ubicazione del bene ha raccolto il consenso dei critici e dei giornalisti italiani. Ecco come i giornali hanno parlato del libro di Falco:
«Il male oscuro dell’hinterland del benessere, serve l’occhio di un urbanista dell’interiorità per raccontarlo. Ce l’ha fatta Giorgio Falco. Già il titolo, rubato al frasario catastale, è un piccolo capolavoro. […]
Falco ha aggiornato una letteratura a volte dimenticata e tutta nostra. Quella che un secolo fa, per la penna di autori maggiori e minori, da Tozzi a Svevo, raccontò la nascita e la precoce crisi morale di un altro ceto medio: i travet, le mezzemaniche, gli impiegati».
Michele Smargiassi, la Repubblica
«Mi dicono che qualche anno fa ho definito, in venticinque parole, Giorgio Falco il peggiore scrittore italiano. Esce un nuovo libro di Giorgio Falco, L’ubicazione del bene. Sarebbero racconti o, meglio, un romanzo a tessere costruito (ingegnosamente) attorno a un luogo. […] Falco non è più il peggiore scrittore italiano. Anzi, se continua così (tra Carver, Tozzi e Landolfi), rischia di diventare il migliore. Ottima,davvero ottima letteratura».
Antonio D’Orrico, Magazine del Corriere della Sera
«Cos’è questo boccheggiare, quest’asfissia sentimentale? Ci siamo circondati di beni, mobili e immobili, ed essi alla fine ci hanno sopraffatto. Che ne è del Bene, del nostro Bene? Sta lì in “vicinanze Tangenziale Ovest”, sembra dirci con un doppio senso dai risvolti a dir poco inquietanti il titolo di questo folgorante libro di Giorgio Falco, L’ubicazione del bene. […] Sono molti i riferimenti che vengono in mente leggendo questo libro. L’ossatura dei dialoghi alla Raymond Carver, la spietatezza di certo cinema austriaco – penso soprattutto al capolavoro di Ulrich Seidl intitolato Canicola – la quieta disperazione del benessere dei racconti di A. M. Homes».
Mauro Covacich, Corriere della Sera
«Giorgio Falco scrive un romanzo, L’ubicazione del bene, fatto di racconti prossimi alla perfezione. Nel tono, nella capacità di correre lungo il crinale della ordinata sequenza di gesti che segnano la disfatta delle vite. Già dal titolo: il bene è l’altro significato della parola, certo. Il bene immobile. Il luogo dove trovarlo non ha bisogno di ricerca interiore: c’è l’indirizzo, ci si arriva con Tomtom. Via Borromeo 10/E, Cortesforza. Un luogo immaginario, complesso di villette “subito fuori città” uguale a tutti, una periferia modello».
Concita De Gregorio, l’Unità
Renato Barilli, ttL«Una prova come questa serie di racconti, L’ubicazione del bene, mi incita a rilanciare un’ipotesi già più volte emessa, che cioè staremmo vivendo una stagione di neo-neorealismo, con suggestivi contatti rispetto al neorealismo quale si espresse soprattutto nei “Gettoni” di Vittorini. E il fatto che sia ancora di scena l’Einaudi rende la cosa ancor più credibile».