LA SEGMENTAZIONE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Il coronavirus, così microscopico, ha avuto la forza di dividere il mondo in due. Non tra ricchi e poveri perché questa è una banalità bensì tra quelli “#siamo tutti uguali” e “#andrà tutto bene” e quelli che “mai più come prima perché il problema è il prima”. Insomma tra quelli che non vedono l’ora di tornare alla vita di prima e quelli che provano a pensare come poter vivere meglio perché prima era una vita di merda.
Vediamo chi sono i primi.
Innanzi tutto i RETORI.
Quelli che gli si gonfia il cuore ascoltando l’inno nazionale e che espongono gli stracci tricolori alle finestre, che si commuovono suonando pentole dai balconi, che piangono dell’eroismo di medici e infermieri, che cantano bella ciao dalle finestre. Hanno la commozione facile e il loro Dio è il luogo comune.
In secondo luogo i RICCHI.
Loro si salvano sempre. Sono quelli che si barricano nelle loro regge in città ai monti al mare, che galleggiano in mezzo al mare stravaccati sulle loro barche alte sei piani, che si fanno consegnare cibo due volte al giorno da qualche negro che fino a ieri “no grazie”, che fanno il test una volta alla settimana (per loro ci sono) perché hanno le entrature giuste o lo fanno nelle cliniche private, che hanno scorte per dieci anni almeno di mascherine e prodotti igienizzanti, che hanno schiavi che preparano da mangiare gli puliscono il culo la casa, gli lavano i panni mentre loro sono stesi sul divano di fronte a uno schermo 6m x 6m attaccato alla parete del salotto grande come un campo di calcio, che non vanno a lavorare perché ci sono sempre altri che lavorano per loro.
In terzo luogo gli STUPIDI.
Loro sono quelli che dicono che prima o poi tutto passerà, che tutto tornerà come prima, che basta chiudersi in casa e aspettare, che bisogna pensare ai cazzi propri, che è meglio per un po’ spegnere il cervello (come se prima ce l’avessero acceso), che è bene arroccarsi nel totem della propria individualità, che non è poi così male leggere un libro, ma allegro per carità!, farsi una suonatina al pianoforte al flauto alla chitarra al trombone al violino al violoncello alla grancassa, aprire un blog dove sparare cazzate, inondare Istragram di autoscatti dove si riprendono in tutte le pose persino quando vanno a cagare, sproloquiare del niente su facebook o passare il tempo che rimane, immagino poco, al telefono con gente persa come loro. Questi sono complici “colposi”.
In quarto luogo gli STUPIDI ARROGANTI.
Questi sono i peggiori. Sono quelli, invece, che credono d’essere i migliori, che si credono i più valenti, che sono sicuri che nonostante tutto riusciranno a fare successo, a raggiungere i propri miserabili obiettivi. Sono i tifosi più accaniti di Charles Darwin. La loro sicurezza li fa diventare ciechi e la loro arroganza sordi. In realtà s’adoperano a leccare tutti i culi che passano loro innanzi, a prostituirsi per un tozzo di notorietà, a servire chiunque che, mentendo spudoratamente, riconosca loro uno straccio di talento. Loro sono pronti a scannare chi gli sta al fianco, a sgozzare chiunque si mette sulla loro strada, a buttare giù dal ponte chi fa loro un po’ di ombra. Questi sono complici “preterintenzionali”, insomma sono colpevoli più dei colpevoli.
E i secondi chi sono? Quelli che si fanno delle domande. Semplicemente.
In mezzo? In mezzo ci sono mille sfumature, mille colori che riempiono lo spazio. È naturale. Ma questo è un momento di crisi. Non c’è verso: o stai di qua o di là, non c’è nessun mezzo che tenga. Nessuno si può astenere. Chi si astiene, come sempre, di fatto ha preso una posizione: quella sbagliata.