Dentro la mia due cavalli adesso siamo in tre: io, Melampo e l’Angelo annunciatore. Ma nessuno parla e cala su di noi, pesante come il piombo, una cappa di silenzio che, alla faccia delle mie intenzioni, per l’aria non fa volare una parola. Cerco allora, tanto per fuorviare la mia attenzione, di pensare ai fatti miei. Penso a quando sarò al mare, penso alle tette prosperose d’una comare, penso in perpendicolare, penso alla politica antipopolare, penso alle mie chiappe chiare che al mare dovrò mostrare (che vergogna!), penso ad una villetta bifamiliare, penso, alla faccia del fioretto, al mio ingente bisogno alimentare, penso si… ma penso a malincuore. Però non c’è proprio niente da fare: la mia curiosità è più forte di tutti i pensieri che finiscono con are.
Mi vuoi rispondere, per favore? Chiedo allora a Melampo in una modo quasi implorante sperando che così si muova a commozione. Com’è che ti hanno rubato il tempo?
E lui… niente.
Allora?
Ancora niente.
Ma vai a cagare! Sbotto.
Appunto, fermati che mi scappa. Risponde.
Ha reagito!
Non sarà un gran che ma per adesso m’accontento. Anche l’Angelo s’è stupito. Vedo un’area di parcheggio, inchiodo, di corsa gli apro la portiera, lui scappa dietro ad un cespuglio, sento un rumore sordo e prolungato. Penso
S’è svuotato.
Dopo un po’ torna rasserenato.
Hai ritrovato, per caso, il tempo che qualcuno ti ha rubato? Gli chiedo.
No. Secco mi risponde.
E allora ripartiamo.
Ma, appena ripresa l’autostrada, come per miracolo lui si mette a raccontare. Evidentemente prima il suo silenzio era dovuto ad un blocco intestinale.
Avrai dovuto sapere, comincia, che io lavorerò per una azienda che produsse software. Ebbi un bel contratto interinale che si rinnoverebbe di ora in ora tramite sms e sarò pagato ad obiettivi orari.
Ma che lavoro è?
L’interrompe l’Angelo che stava pensando a quel lavoro un po’ bislacco di cui non aveva mai sentito parlare.
Taci, lascialo dire. Lo rimprovero. Non perdiamo l’occasione, e tu forza continua.
Melampo lancia un’occhiata infastidita all’Angelo disturbatore e poi
Il mio compito fu assistere i clienti e andrò nelle loro aziende. Dice. Al principio mi piacerà ma non pensai che fu il lavoro della mia vita. Invece…
Invece? L’incalzo incuriosito.
Invece non farei altro da dieci anni.
Considerando il suo carattere riservato e schivo s’è prodotto in un poema!
Ma adesso che ci penso… come parla questo qua? Mi domanda l’Angelo, sconcertato. Non azzecca un verbo neanche ad ammazzarlo!
Hai ragione. Dico. Non me n’ero neanche accorto. Eppure, all’apparenza mi sembra acculturato! Secondo me, ma potrei sbagliare, è pure laureato!
Ma un po’ per cortesia e un po’ per paura d’una sua reazione non faccio presente la questione e lo lascio continuare. Ma dentro mi rode un tarlo e allora metto le mani sulla testa e, pensa che ti ripensa, mi viene un’illuminazione
Per forza sbaglia i verbi! Esclamo. Qualcuno gli ha rubato il tempo. E quindi, suppongo, anche quello dei verbi. Perché non c’ho pensato prima?
Per evitare, allora, di far fare al mio personaggio altre figuracce racconto io quello che ha da dire. Almeno non mi rimprovererete di non conoscere l’italiano.
Insomma, non farla lunga, che ti ha detto?
Mi rampogna, affacciato al finestrino, l’autista d’un autotreno che mi sta in quel momento sorpassando. Dalla vergogna mi viene la faccia rossa come un peperone perchè capisco che ha ragione. E l’Angelo
Chi è quel brutto ceffo? Come si permette?
Ma subito gli dico di soprassedere perché non so che dire e, forse, vista la sproporzionata mole, anche ci conviene. Intano Melampo mi racconta che lui fa un lavoro cognitivo.
E che vuol dire? Mi chiede l’autista della Porche metallizzata che sfreccia sulla strada.
Ha ragione! Gli tiene bordone il mio angelo custode.
Allora lo guardo di traverso come a dirgli di non scocciare poi
Insomma per lavorare non usa le mani ma il cervello. Rispondo.
Il cervello? Insiste l’autista della Porche che già è qualche chilometro più avanti.
Allora gli urlo da lontano
Già, tu che ne puoi sapere?
Anche l’Angelo s’arrovella. Si tocca la barba e si liscia i capelli, si vede che ci sta a pensare. Anche lui non ha capito niente. Intanto Melampo di fu Mario e Settembrini Antonietta detta Tonia a cui qualche essere sovrumano aveva rubato il tempo continua dicendo che quando s‘era laureato (visto?) pensava d’andare sulla luna invece adesso la luna la vede solo dalla finestra quando, la notte, sta piegato sul computer a sviluppare gli algoritmi per quelle finanziarie che vogliono far soldi in borsa senza nemmeno lavorare.
Non è possibile! Interrompe urlando il mio angelo custode.
A questo punto io nemmeno gli rispondo e
A cosa servono quegli algoritmi? Domando a Melampo.
Ma dove vivesti? Quello mi risponde.
E mi dice di svegliarmi perchè oggi non sono più gli uomini che lavorano. Loro rimangono a dormire.
No, no, no… Sento il gran buffone alato che borbotta come una pentola a pressione. Non è possibile!
Ma Sono i computer, continua il ragazzotto, che con i suoi algoritmi (suoi di lui, non penserete mica che abbia messo il singolare al posto del plurale?) comprano e vendono titoli ed azioni basandosi sugli andamenti di mercato le cui serie storiche sono state analizzate da un’infallibile intelligenza artificiale. E tutto con il software che lui ha sviluppato per quei loschi figuri con un contratto interinale rinnovato via sms di ora in ora sgobbando come tre somari che per una strada tormentata vanno a Girgenti venendo da Monreale. Quando chiedo a Melampo che cosa c’entra quello che mi sta dicendo con il fatto che gli hanno rubato il tempo (Già, dice l’Angelo dichiarandosi in tal modo d’accordo con me) mi risponde che io non ho capito niente e che mi devo far ricoverare.
Ricoverare? E perché?
Allora, vedendomi amareggiato, mi spiega
Fosti mai stato su un Eurostar che da Roma andrebbe a Milano?
Che c’entra? Rispondo.
Lui mi dice che c’entra eccome e mi fa sentire delle voci registrate sul cellulare durante uno dei suoi viaggi. E precisa
Bada bene, furono state le nove di sera!
Si ho capito, ma perché questa precisazione?
Stai ad ascoltare.
Tanto per cominciare si sente lo squillo d’un telefonino. Poi Pronto, si, pronto…
Dalla voce squillante e altera, desumo che sia una donna in carriera.
Pronto, si certo, abbiamo una sfilata.
Nel frattempo…
Pronto? Si, ho capito, mandami una mail.
Stavolta la voce era d’un uomo tutto agitato che, me lo vedo, era seduto lì di lato.
È un bel business ma dobbiamo stare attenti.
Adesso la voce proviene da un sedile un po’ più in là.
Pronto? …Domani? Per me va bene. Ma niente sconti, per favore!
Pronto? Si, pronto. Il problema sta nel brand…
Intanto…
Caffè, giornali, snack dolce o salato?
Passa l’incaricato.
Aspetta, aspetta… Un prosecco e un salatino.
Scusa, allora è il tempo di investire. Un’altra voce dice, masticando.
Pronto? Certo, domani ci sarò. Quali sono gli obiettivi? E se invece ci va male? Bisogna essere ottimisti è così che l’economia torna a marciare.
Ma che dice questo qua? Sbotta l’angelo custode. Che c’entra l’ottimismo? Queste cose non si possono sentire! L’economia ha le sue leggi, mica è filosofia!
Ancora? E stavolta alzo la voce. Taci, che ne vuoi sapere? Adesso ti vuoi mettere a discutere anche con una registrazione? Intanto
Pronto? Pron… Non sento la richiamo.
Buongiorno dottore, l’ho cercata per tutto il giorno.
Aspetti che guardo se la mail è arrivata, si, eccola…
Pronto? Vuole un appuntamento? Chiami la mia segretaria… Ma come? Certo che c’è! Sono le nove di sera? E mbèh? Che c’entra l’ora?
Pronto? Pronto?
…Pronto. E ancora pronto!
Hai capito finalmente? Melampo mi dice con un verbo irripetibile coniugato strampalato.
A dir la verità non avevo capito un accidente. Ho sentito solo un gran casino prodotto dalla gente che lavorava su un Eurostar che da Roma andava a Milano. Anche l’Angelo sbuffa e si contorce, dal naso gli escono dei getti di vapore e il volto è deformato dal dolore. Sta di fatto che io non ho capito cosa c’entra quello che ho sentito con Melampo a cui hanno rubato il tempo.
Farà niente, mi dice lui, lo capisti un’altra volta.
E torna ad immergersi nel suo silenzio. Intanto siamo giunti a Bologna. Qui l’autostrada prende diverse direzioni. Allora tiro fuori la solita monetina e opplà!
Per il mare?
A sinistra, tanto per cambiare.
Lasciami scendere, mi dice Melampo all’improvviso, io mi fermo qui, devo assolutamente andare. Devo ritrovare il tempo che qualcuno mi ha rubato.
Non potendolo lasciare in autostrada esco a Borgo Panigale e mi dirigo verso il centro della città. Arrivo in Piazza Maggiore. Lui scende, con un cenno mi saluta e, tirando fuori dalla tasca la sua bacchetta biforcuta, s’incammina per cercare il suo tempo ormai perduto.