Arrivato sotto le due torri e dopo aver cercato un parcheggio per un’ora, metto la mia due cavalli in divieto di sosta e m’incammino verso piazza Verdi, il cuore dell’Università dove ho studiato, qualche anno fa. Mi siedo davanti al Teatro Comunale e sento le note che esondano dal conservatorio, do re mi fa. E, con una dolce capriola, mi tuffo a corpo morto in un tempo ormai passato. Un tempo solo ricordato. E proprio in quello… mi arriva una perentoria convocazione. C’è scritto
La signoria vostra è attesa al nostro mirabile cospetto improrogabilmente oggi stesso alle ore ventitre in via Centotrecento, indovinate un po’?, numero tre.
Firmato: la segreteria generale della direzione del comitato centrale.
Ma proprio a me? Mi domando. Non potevano chiamare qualcun altro?
Quindi, non senza qualche giustificata apprensione, alle ore ventitre mi presento in via Centrotrecento numero tre al mirabile cospetto della segreteria generale della direzione del comitato centrale.
Perfetto!
E inginocchiato davanti all’altare… aspetto. Aspetto che, dall’alto, il grande Moloch mi elargisca il suo sapere. Mi imponga, con le mani sulla testa, il suo volere. Quando una voce profonda e cavernosa che sembra venir su dagli inferi mi comunica quello che devo fare.
Abbiamo deciso di partecipare alle elezioni e pertanto devi andare al mare.
Alle elezioni? Ma come? Obietto. Non abbiamo sempre detto che rifiutiamo il livello istituzionale?
Non l’avessi mai fatto. Il Moloch s’è incazzato. Si sentono le sue bestemmie in mezzo al rumor dei tuoni e al lampeggiar delle saette.
Ma come ti permetti? Mi urla il Moloch tutto infuriato. Vuoi contestare la nostra autorità? (notare il plurale maiestatis).
No, no… per carità! Rispondo nel terrore, in fondo io sono solo un semplice militante.
Bene.
Che devo fare?
E lui
A Goro c’è un nostro candidato, tu devi aiutarlo nella campagna elettorale.
Io?
Si, tu.
Perché io?
Perché si.
Ma…
Silenzio! Che hai da dire?
Niente, per carità!
Qui fuori c’è una cinquecento, prendi le chiavi e parti subito che è già tardi.
Ma io non so guidare! Cerco d’obiettare.
Un urlo frantuma le mie orecchie.
Ma se qui c’è scritto che sei patentato.
Si ma… per anni non ho più guidato.
Fa niente, sono cazzi tuoi, arrangiati e smettila di protestare.
È notte fonda quando mi metto sulla strada. Vengo sballottato di qua e di là da quella macchinetta che stasera evidentemente s’è ubriacata. Dopo essere salita su mille marciapiedi che non capisco proprio che ci stanno a fare, finalmente arriva all’autostrada. Io tiro un sospiro di sollievo, l’autostrada è dritta ed è più difficile sbagliare. Ma quando a Ferrara devo uscire, è allora che viene il brutto. Le strade sono piene di curve e chi la tiene questa qua? Scarta, scatta, stringe, spinge, prende una gran botta. Mi fermo per controllare. Non è niente, devo ripartire. S’allarga, curva, frena, su se stessa fa una piroetta; riprende a camminare.
Attenta, c’è una macchina che ci viene addosso!
La schiva, sbanda, si riprende, rimbalza su una sponda, manda su di giri il suo motore.
Stai attenta a quel canale!
Dopo due ore buone di terrore arrivo a Goro che è sotto il mare. Tiro un sospiro di sollievo, m’accascio sul sedile, e dico
Sono ancora vivo! Sono le cinque di mattina e adesso dove lo trovo il nostro candidato?
Guardo di qua e di là ma è buio e non vedo niente. Non c’è anima viva in giro. Nemmeno i fantasmi in libertà. Allora cerco di dormire. E al dolce gracidare delle ranocchie, m’addormento. Si, dentro la cinquecento. Fra poco sarà l’alba. Ma questo è proprio un altro tempo.